RECENSIONE "DUMBO" IN COLLABORAZIONE CON MIRKO LOMUSCIO
Ciao a tutti, mici ed amici! Oggi recensiremo un film appena uscito (sì, dopo eoni direte, vi do ragione, piccini!) in collaborazione con Mirko Lomuscio. Chi è Mirko? Beh un bravissimo critico cinematografico, collabora con Upside Down Magazine. Vi metterò una breve (parola mia) biografia sul personaggio, così potrete inquadrarlo:
Mirko Lomuscio
si è diplomato all’Istituto Cinematografico e Televisivo R. Rossellini,
in qualità di montatore, e si è appassionato al cinema sin dalla
giovanissima età.
Ama l’horror e il cinema di genere, non disdegna i grandi autori e la commedia all’italiana.
John Carpenter, Tim Burton, Quentin
Tarantino, John Woo, Sam Raimi, Frank Henenlotter, Peter Jackson, Dino
Risi, Mario Bava, Vittorio De Sica, sono gli autori che adora.
Comincia a scrivere per varie testate dal 2004 (Chiamaroma, Taxi drivers, Cinemaplus, Cinebazar, Cinema4stelle, Movieplayer, Filmup, Every eye, Ingenerecinema.com).
Attualmente collaboro con Youmovies.it curando le recensioni di svariati film.
Prima di parlare di Dumbo, vorrei consigliarvi questo sito in caso necessitiate di lenti a contatto. Ha dei buoni prodotti.
Ora parliamo del film star del momento. Esatto, vi chiederete come la Disney possa fare un altro live action su una storia che si adatterebbe meglio a un cartone animato, soprattutto per il tono troppo fiabesco. Nonostante ciò. l'impero galattico della Disney ha deciso di sfruttare ogni suo cartone, spremendolo fino all'ultima goccia. A volte con risultati abbastanza buoni (Cenerentola) altre volte deprimenti (La bella e la bestia).
Ora che avete sentito la brevissima opinione di un vecchio gatto cosmico come me, diamo la parola a Mirko!
Continua
imperterrita la Disney con le trasposizioni live action dei suoi classici di
animazione, e dopo aver messo mano a Cenerentola grazie a Kenneth Branagh, a La
bella e la bestia per conto di Bill Condon e a Il libro della giungla con
l’ausilio di Jon Favreau, ecco che la casa dello zio Walt decide di tirar su
una pellicola in carne e ossa per Dumbo, intramontabile classico del 1941 sulla
storia di un elefantino volante capace di poter volare grazie alle sue grandi
orecchie; chi non conosce questo film (o meglio mediometraggio, dato che la sua
durata è di circa un’ora)? Chi non si è mai commosso tra le note della
grandissima colonna sonora (premiata all’epoca con un Oscar), come anche di
fronte ai momenti più sentimentali tra il pachiderma protagonista e la sua
mamma rinchiusa in gabbia?
Oggi,
2019, si è pensato quindi di dare un giusto spazio a questo materiale, che ha
il pregio di aver riecheggiato nel tempo senza mai invecchiare di fronte agli
occhi dei suoi amati fan, e la Disney,
ad occuparsi di tale operazione, chiama al proprio cospetto il grande Tim
Burton, il papà di Edward mani di forbice, che già fu al servizio della nota
casa di produzione nel 2010 per Alice in Wonderland; il nuovo Dumbo quindi è
un’opera che vive di anima propria, con un plot tutto suo e di conseguenza nuovi
risvolti narrativi, consoni alla realizzazione di un film moderno possibilmente
accattivante per le grandi masse da accontentare.
Protagonista
ovviamente è il piccolo elefantino del titolo, qua reso totalmente in digitale,
ma ad accompagnare pienamente la visione dell’intero lungometraggio c’è anche la
presenza di alcune star come Colin Farrell, Danny De Vito, Eva Green e Michael
Keaton, comprimari umani di questa favola senza tempo incentrata sulle gesta di
un animale molto speciale.
Siamo
alla fine della Prima Guerra Mondiale e di ritorno al circo dove lavorava come
attrazione, Holt Farrier (Farrell), accompagnato dai due figli Milly (Nico
Parker) e Joe (Finley Hobbins), porta con sé dalla battaglia che ha lottato la
tragedia di aver perso il braccio sinistro; menomato, l’uomo si ritrova quindi
costretto ad occuparsi degli elefanti del posto, dove a veder la luce arriva un
piccolo cucciolo dalle orecchie spropositate.
Denominato
Dumbo, l’animale, dopo aver mostrato l’innata capacità di poter volare, saprà
accattivarsi la simpatia di tutti, soprattutto del padrone del circo Max Medici
(De Vito), il quale viene avvicinato dal magnate dello spettacolo V.A. Vandevere
(Keaton), intenzionato ad acquistare il piccolo speciale pachiderma.
Una
frontiera verso il successo attenderà Dumbo, ma c’è chi trama alle sue spalle
per renderlo imprigionato e tenerlo lontano dall’amore della propria madre;
Holt e i suoi figli, più un gruppo di amici, non lo permetteranno mai.
Che
le idee nel cinema siano finite ormai è un dato assodato, sennò neanche casa
Disney si rimetteva a ricreare in carne ed ossa determinati film di animazione
che hanno spopolato per suo conto; nonostante ciò, si è sempre avuto però modo
di poter assistere ad alcune operazioni ben fatte (Cenerentola di Branagh) come
anche ad altre per niente giustificabili (La bella e la bestia di Condon).
Il
Dumbo di Burton si trova in una via di mezzo, perché è vero che prendere un
materiale striminzito come il prototipo del ’41 per farlo divenire un lungo di
quasi due ore è operazione ardua, però se si deve fare così, senza alcuna idea
o voglia di approfondire meglio personaggi e situazioni, allora siamo di fronte
ad un’operazione che campa di rendita sull’empatia creata dal cartone animato
all’origine.
Su
ciò non vi erano dubbi, ma vedere anche un gruppo di volti come quelli di
Keaton e De Vito (entrambi tornano al cospetto di Burton, dopo essersi anche spalleggiati
in Batman – Il ritorno), più il solito statico Farrell e l’inutile Green messa
come contorno, fare meramente da belle statuine per una trama trita e ritrita
che propone la morale del successo che non vincerà mai sui sentimenti, non è
cosa proprio ottima, anzi, ci si stanca anche dopo qualche minuto di visione.
Dumbo
2019 è un’operazione fatta a tavolino, a tratti fredda, a tratti funzionale,
che farà contenti milioni di spettatori, ma che non rende giustizia alla
carriera di un importante nome come quello di Burton, reo di bissare
un’esperienza senza fronzoli creativi per conto di casa Disney (vedere, o
recuperare, Alice in Wonderland per credere).
Mirko Lomuscio
E voi? Che ne pensate?
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